Negli articoli precedenti abbiamo affrontato la fragilità messa in evidenza dal mondo BANI e la risposta che questo modello rappresenta.
L’incertezza e la repentinità di esperienze e cambiamenti che il nostro quotidiano ci pone è spesso destabilizzante e molto “stancante” tanto da portare più che ad una crisi “lavorativa” ad una crisi di “significato”. (cit “La mente del Futuro” Kellerman – Seligman).
Siamo tutti abituati a lavorare a ritmi serrati, con priorità sempre in cambiamento e piani e pianificazione incerte, con livelli di ansia crescente, purtroppo.
Circa il 40% dei lavoratori italiani dichiara di sentirsi spesso esausto o in difficoltà a causa dello stress lavorativo (Report Censis 2022).
La Pandemia stessa è stata occasione per molti di ripensare i “significati” delle nostre scelte di vita, con fenomeni diffusi di “quite quitting” se non di “grandi dimissioni” in alcune nazioni.
Il lavoro ibrido da un lato è una possibilità di flessibilità dall’altro per alcuni ha complicato, invece di facilitare, il work-life balance.
Un rapporto Randstad 2021 ha dichiarato che post pandemia il 44% dei lavoratori italiani ha segnalato un aumento dello stress lavorativo. Lavorare da remoto e la difficoltà nel bilanciare lavoro e vita privata hanno contribuito a far emergere sintomi di burnout.
Sempre lo stesso lavoro ibrido è stato individuato come fonte di bias di affinità e performance.
Secondo uno studio di Gartner (2021), i manager tendono a percepire i dipendenti in ufficio come più produttivi e affidabili e il 64% dei manager ha dichiarato di ritenere che i dipendenti in sede siano più performanti rispetto a quelli che lavorano da remoto, anche quando le metriche di produttività erano simili.
Mentre per Society for Human Resource Management (SHRM, 2020):i dipendenti che lavorano da remoto hanno il 41% in meno di probabilità di ricevere una promozione rispetto ai loro colleghi che lavorano in ufficio, anche se la loro performance è equivalente.
Per usare una metafora di John Seely Brown, Futurologo ed ex Chief Scientist della Xerox:
“Per i miei genitori la tipica traiettoria della loro carriera era come quella di un piroscafo: si trattava di accendere i motori e andare avanti a tutta forza. Per la mia generazione, la rotta era più simile a quella di una barca a vela: grazie ad adeguate virate siamo stati abbastanza in grado di realizzare quel che ci eravamo prefissati di fare. Invece, i laureati di oggi devono assumere un atteggiamento più simile a quello dei canoisti che pagaiono nelle acque impetuose, analizzando e rispondendo rapidamente” (“The future of work: navigating the whitewaters”)
Ci piace questa metafora perchè rappresenta in modo semplice e diretto come si sia passati dalla stabilità (dei piroscafi) alla flessibilità (delle barche a vela), fino all'agilità (dei canoisti nelle rapide). I canoisti vivono una solitudine e si sentono infinitamente piccoli rispetto al mare,con difficoltà nel ritrovare la direzione, senza protezione, e se non la propria forza e resilienza.
Dunque, come possono le organizzazioni e i leader aiutare a guidare i nostri “kayak” in acque tempestose? Quali sono le competenze che servono?
Riportiamo qui qualche spunto tratto dal report: State of the Heart 2024 di Six second dal titolo: Declino globale dell'Intelligenza Emotiva (EQ).
Il report sottolinea che i punteggi di Intelligenza Emotiva a livello globale sono in calo per il quarto anno consecutivo. Dal 2019 al 2023, i punteggi medi di EQ sono scesi del 5,54%, con una rilasciata in tutte le otto competenze misurate dal SEI Assessment (es. Comprendere le Emozioni, Far Crescere l'Empatia, Perseguire Obiettivi Eccellenti). Questo indica una perdita complessiva delle capacità emotive a livello mondiale, un aumento del burn out (aumentato del 65%). Si parla addirittura di “recessione emotiva”.
Di contro, nello studio si dimostra come, persone con punteggi più alti di Intelligenza Emotiva, hanno dieci volte più probabilità di ottenere risultati migliori nei fattori di successo, che includono l'efficacia personale, il benessere, le relazioni e la qualità della vita. Poiché l'EQ influenza direttamente questi fattori, il declino dell'Intelligenza Emotiva sta avendo un impatto negativo sul benessere complessivo e sulle prestazioni sia a livello individuale che organizzativo.
Il contesto, lavorativo e non, nel quale ci muoviamo è complesso e apre nuovi scenari di gestione delle persone da un punto di vista non solo operativo ma anche emotivo.
Come bilanciare questo bisogno di certezza, stabilità emotiva da parte di aziende e capi? Quali competenze e comportamenti servono allenare e agire?
Seguici per scoprire il modello di leadership PRISM come risposta a queste tematiche.